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Boss in incognito, trasposizione moderna di Filemone e Bauci

boss

La prima puntata di Boss in Incognito poteva essere uno show rivoluzionario invece, secondo me, era una trasposizione moderna della storia di Filemone e Bauci.

Come racconta Ovidio nelle Metamorfosi, le divinità Zeus e Ermes si divertono a mettere alla prova i mortali, chiedendo loro ospitalità travestiti da mendicanti per testare la bontà di cuore degli uomini. A un certo punto, arrivano a casa di Filemone e Bauci, due poveracci, i quali, però, non negano nulla ai due finti mendicanti; alla fine, Zeus ed Ermes si palesano e ricompensano Filemone e Bauci.

Nello show, a metà tra un documentario e un reality, la divinità sotto mentite spoglie è il boss (in incognito, appunto) e i poveracci sono i dipendenti che dimostreranno di essere degli onesti lavoratori. Alla fine, il boss si palesa e ricompensa i dipendenti.

La cosa, però, mi appare come una cafonata. Anzi, mi chiedo se sia consentito al datore di lavoro di spiare i dipendenti senza presentarsi loro come tale.
Lo show dà anche la visione tragica della realtà del lavoro in Italia, che sul lavoro è fondata. I dipendenti sono tenuti a dimostrare la loro onestà, col sospetto che in fondo non lo siano; un contratto di lavoro adeguato non è più un diritto ma è la ricompensa per lenire le pene di una vita difficile fatta di abbandono, miseria ed emarginazione sociale. Come non dimenticare, ad esempio, la commessa non più giovanissima, lasciata dal marito e con solo il lavoro part time in negozio a riempirle la vita; il boss le ragalerà, alla fine, un contratto full time a tempo indeterminato e del denaro, una sorta di mancia.

In un paese tra i più ricchi del mondo ci si aspetta che il lavoro si accompagni sempre a un contartto e a un compenso adeguato. Il lavoro non è elemosina, non dobbiamo dimostrare di essere un caso umano da reality show per aver riconosciuto ciò che la Costituzione ci garantisce come un diritto.

Immagine, fonte: internet.

Dettagli: 28/01/2014 · 1370 view

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Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.