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Sempre più narcotizzati dai social network, fanno il Flash Mob contro il virus

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Le persone hanno il bisogno di compiere riti collettivi in riposta al mistero. Il virus, microscopico, è misterioso per come si trasmette da persona a persona.

Flash Mob

Prepariamoci ad una tempesta di video con gente che canta alla finestra. Per combattere il contagio dal virus, la gente a casa si lascia invece contagiare dalle mode virali trasmesse attraverso i social network. La moda del momento porta la gente alla finestra o sul terrazzo di casa, per cantare tutti insieme ad un'ora concordata. È un flash mob.

Perché?

Forse perché le persone hanno il bisogno di compiere riti collettivi, per allontanare la paura di subire dei danni, o di morire. Per combattere la paura di morire, dobbiamo sentirci vivi e avere la conferma di esistere.

Chi può darci questa conferma se non tutti gli altri che vediamo compiere i nostri stessi gesti?

Cantare tutti insieme alla finestra diventa un gesto apotropaico, che allontana il male.

Il mistero

Il virus, microscopico e non visibile a occhio nudo, è misterioso per come si trasmette da persona a persona.

Le persone sentono il bisogno di compiere riti collettivi in risposta al mistero, di cui hanno paura perché non sono in grado di controllare e respingere con assoluta certezza ciò che neanche si può vedere.

I social network

I social network sono l'unica occasione di incontro, o quasi, durante questi giorni di isolamento forzato. Qualcuno riconosce le buone qualità dei social network, quando prima ne elencava solo i difetti.

Il difetto principale dei social network è l'aver sorpassato le relazioni vere, fatte di volti che si guardano senza uno schermo davanti e fatte di voci che si ascoltano senza le cuffiette nelle orecchie. Poi, i social network ci hanno convinto di non essere soli, quando occupiamo il centro di un mondo che ci guarda con ammirazione; oppure, ci hanno convinto di essere in solitudine quando non riceviamo consensi (like, inviti, messaggi ecc.).

Così, in molti hanno confuso l'esistere con l'essere e non hanno dubbi che per esistere bisogna esserci, cioè occupare un luogo e un tempo.

Dal poter stare sui social al dover stare sui social

I social network sono improvvisamente diventati buoni e buoni soltanto. Io non credo sia proprio così.

In questi giorni abbiamo la giustificazione per usare i social network, anche per più tempo del solito: passare delle ore connessi non è una perdita di tempo, ma un impiego di tempo per incontrarsi, informarsi, lavorare, smettere di annoiarsi ecc.

In questo, vedo come sia ancora più evidente la narcosi da social network in cui in molti si adagiano.

Dove sono i desideri?

Mi domando se le persone abbiano ancora dei desideri. Perché non riuscire a immaginare qualcosa diversamente da come era ieri? Mancano i desideri o mancano la volontà e la forza d'animo per desiderare?

L'isolamento forzato ci regala o, meglio, ci restituisce il tempo che la natura ci dà e che la società ci prende, ossessionandoci con riempitivi subiti e spesso non voluti.

Immagine da morguefile.com

Dettagli: 14/03/2020 · 868 view

About me

Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.