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Facebook ti aiuta ancora a rimanere in contatto con le persone della tua vita?

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L'algoritmo ha sostituito le relazioni umane con stimoli. Facebook non ti connette più con gli altri, ti connette con se stesso: il rapporto è tra l'utente e la macchina.

Connessi con le persone della tua vita

"Facebook ti aiuta a connetterti e rimanere in contatto con le persone della tua vita", recita il claim del social network lanciato più di vent’anni fa da Zuckerberg. Ma è davvero così? È ancora così? E, soprattutto, chi sono le persone della tua vita ora, in questo contesto digitale?

Dal mio punto di vista di osservatore, qualcosa è cambiato radicalmente.

Le notifiche

Le notifiche non mi danno più quel brivido di un tempo; anzi, mi infastidiscono come le chiamate da numeri sconosciuti. A volte capita ancora un'interazione genuina, ma sempre meno con i miei amici di Facebook.

Recentemente ho ricevuto notifiche sulle risposte a un mio commento sotto un post pubblicato sul gruppo Physics is fun. Un utente domandava al gruppo se log1(1) fosse uguale a 1 o a zero. Ricordando la definizione di logaritmo, in un mio commento facevo notare il non senso della domanda perché il logaritmo deve avere come base un numero strettamente positivo e diverso da 1. Altri utenti, dall’altra parte del mondo, hanno commentato ulteriormente perché, in fondo, anche la matematica è un’opinione quando stiamo su Facebook.

Da quanto tempo, invece, non mi ritrovo a commentare le foto delle vacanze o del gatto di un amico? O a discutere su un articolo indecente di “La Repubblica” condiviso da un mio contatto?

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Algoritmo e logaritmo

L’algoritmo mi ha portato al logaritmo. La home di Facebook quasi non mi mostra più i post dei miei amici; invece, insiste nel propormi post, brevi video, meme di pagine e gruppi che neanche seguo. È un flusso incessante di contenuti scelti da una macchina. Allo stesso modo, i miei aggiornamenti - ne faccio sempre meno - probabilmente non raggiungono più i miei amici.

Trionfano i reel

Non usiamo più Facebook come negli anni Dieci. La tendenza è chiara: all’utente ora piacciono i reel.

I reel, sulla scia di TikTok e Instagram, sono video brevissimi, pensati per stimolare l’utente e generare una reazione emotiva: eccitazione, rabbia, tristezza, indignazione, gioia, sorpresa ecc. Non importa chi li abbia creati o postati; l'autore è diventato quasi irrilevante.

Facebook ha capito che limitare l’esperienza del social ai soli contenuti generati dagli amici non rende bene, mentre proporre un catalogo di stimoli inchioda l’utente, il quale non si preoccupa di cliccare sul nome dell’autore e seguirlo, ma scorre veloce al contenuto successivo, verso lo stimolo nuovo a caccia di dopamina.

Video, meme, test, quiz e tutto ciò che provoca una reazione immediata si consuma in un attimo.

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La macchina vuole solo la tua attenzione

Facebook ha un obiettivo primario: tenerci incollati alla News Feed il più a lungo possibile. Scrivere commenti o interagire davvero con gli amici non rende più. L'utente ideale, dal loro punto di vista, è un consumatore passivo di reel, meme e pubblicità.

La piattaforma non è più uno strumento per mantenere contatti tra persone nel senso tradizionale; è una macchina che ci vuole connessi con se stessa e ci riesce bombardandoci di stimoli. Siamo noi, con le nostre reazioni istintive, ad addestrarla a farlo sempre meglio. In una frazione di secondo, senza pensarci troppo, decidiamo se un contenuto ci piace o meno, se scorrere oltre o fermarci. Facebook impara. Monitora ogni nostro movimento, ogni reazione. Fa profilazione spinta: identifica, scheda e classifica i nostri gusti, le nostre indignazioni, ciò che scartiamo. Tutto per affinare il flusso di stimoli e tenerci lì, a guardare.

Una mutazione profonda

La natura stessa dell'interazione online è cambiata radicalmente, passando da un modello basato sulle relazioni interpersonali, mediate dalla piattaforma, a un modello basato sul consumo passivo di contenuti scelti da un algoritmo. Questi contenuti sono creati non per costruire legami, ma unicamente per generare in noi una reazione emotiva immediata, automatica, quasi un riflesso incondizionato.

La relazione primaria non è più tra noi e i nostri contatti umani, ma tra l'utente e la macchina (cioè Facebook). È l'algoritmo il vero amico che ci capisce, sa come stimolarci meglio, sa come prenderci, coinvolgerci, darci emozioni. In questo nuovo schema, le persone della nostra vita, quelle vere, contano sempre meno.

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Con chi siamo veramente connessi?

Non siamo più principalmente utenti che interagiscono tra loro; siamo utenti che addestrano la macchina a stimolarci meglio. È fondamentale, da osservatore intransigente, riconoscere questa realtà senza illusioni. Facebook e i social network in generale non sono più strumenti di connessione tra persone nel senso tradizionale; sono diventati laboratori comportamentali dove siamo esposti a flussi controllati di stimoli, misurati in millisecondi di attenzione.

Forse è tempo di smetterla di chiederci "Chi sono le persone della tua vita, ora?". Forse la vera domanda è un'altra, più radicale e disarmante: se la mia interazione principale online è con un algoritmo progettato per tenermi agganciato, con chi, o cosa, sono veramente connesso?

Immagini da pixabay.com.

Dettagli: 17/05/2025 · 102 view

About me

Antonio Picco, blog on-line dal 2003.

Osservatore intransigente della società, critico dell'evoluzione digitale e del suo impatto sulle nostre vite.
Nel mio blog condivido riflessioni inedite sull'evoluzione del digitale e il suo impatto sulla società, con l'obiettivo di scardinare i diktat del pensiero stampato.
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