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La pornografia del green pass e del vaccino su Facebook

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Esibire il green pass su Facebook è pornografia e autoesaltazione. Vaccinarsi non è più una scelta libera ma una costrizione.

Pubblicare o non pubblicare?

Pubblicheresti su Facebook la tua dichiarazione dei redditi? E le tue analisi del sangue? La tua cartella sanitaria e di rischio sul lavoro? Il tuo estratto conto? La cronologia del browser che usi?

All'ufficio postale, in banca, in farmacia e in altri luoghi, una linea sul pavimento serve a tutelare il diritto alla riservatezza, così da evitare orecchie e occhi indiscreti. Chi è ancora in attesa e supera quella linea compie un atto di maleducazione.

Il green pass se ne frega della riservatezza. Neanche a te interessa, quando esibisci con entusiasmo tutto su Facebook: la prima dose, la seconda dose, Pfizer o Astrazeneca, il green pass, il QR code, il tampone positivo, il tampone negativo.

Il green pass per il ristorante e la Carta di identità per le sigarette

Quando siedi al tavolo e al chiuso di un ristorante dopo aver esibito il green pass, dichiari al mondo diversi tuoi dati sensibili, solitamente riservati.

Sono dati sensibili, per esempio, l'orientamento sessuale, le opinioni politiche, la fede religiosa ecc.; invece, sono dati anagrafici quelli che permettono di identificare una persona come, per esempio, il nome e il cognome, la data di nascita ecc.

È sbagliato paragonare l'esibizione del green pass per sedersi al ristorante con il tabaccaio che chiede la Carta di identità per venderti le sigarette (la vendita di sigarette e di alcolici è vietata ai minorenni). Il paragone è virale sui social network, ma c'è un errore di fondo: il green pass da esibire al ristorante riporta dati sensibili, mentre la Carta di identità riporta dati anagrafici. I dati sensibili sono particolarmente delicati perché possono generare discriminazioni. Spesso, se non hai più vent'anni si vede anche senza leggere la data di nascita.

Tu, seduto al ristorante dopo aver esibito il green pass, dichiari pubblicamente di essere stato vaccinato e di non essere contrario al fatto di dover dimostrare il tuo stato di salute. Se fossi contrario a questo trattamento e dove possibile, prenderesti un tavolo all'aperto, dove non ci sono le stesse restrizioni (per ora, almeno).

Esibire il green pass su Facebook è pornografia

Il tuo selfie mostra tutto. È pornografia, perché c'è godimento nel mostrare qualcosa di intimo. Il significato etimologico di pornografia è di rappresentare la prostituzione e, secondo l'origine greca della parola, prostituirsi e vendersi si dicono con lo stesso verbo (di fatto, chi si prostituisce si vende). Lo scopo di rappresentare la prostituzione è quello di generare un certo eccitamento, uno stimolo, in chi guarda; e perché pubblicare la foto di un atto intimo e riservato come il vaccino se non per creare un certo eccitamento in chi guarda, per stimolarlo a fare lo stesso, per provocare reazioni di indignazione o di ammirazione? In questo senso, esibire il selfie della vaccinazione o la foto del green pass è pornografia.

Inoltre, è autoesaltazione, perché chi esibisce lo fa compiaciuto per essere finalmente diventato ciò che altri sono già. Il vaccinato compiaciuto, poi, si dichiara votato alla scienza e lontano dagli analfabeti funzionali, che per lui sono tutti gli altri (premi Nobel compresi) non vaccinati o contrari al green pass.

Libertà è schiavitù

Un poco alla volta ti sei abituato a restrizioni e controlli sempre più stringenti. Con entusiasmo ti è parso di ritrovare una libertà perduta, però è una libertà che è anche schiavitù. Ti sei adeguato con docilità e rimproveri chi non l'ha già fatto. Loro sarà la colpa di tutti i mali del mondo.

Un po' di storia

Torniamo indietro al febbraio 2020, quando gli esperti del CNR con la nota stampa del 20/02/2020 rilevavano per l'Italia un rischio basso:

L'infezione, dai dati epidemiologici oggi disponibili su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell'80-90% dei casi. Nel 10-15% può svilupparsi una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranza. Si calcola che solo il 4% dei pazienti richieda ricovero in terapia intensiva. Il rischio di gravi complicanze aumenta con l'età, e le persone sopra 65 anni e/o con patologie preesistenti o immunodepresse sono ovviamente più a rischio, così come lo sarebbero per l'influenza.

Pochi giorni dopo, scattavano le prime restrizioni con l'incoraggiante invito a restare distanti per riabbracciarci con più calore in seguito, dopo un periodo che sembrava breve.

A distanza di più di 18 mesi da quei giorni, con il 55% di vaccinati tra chi ha più di 12 anni (ad oggi, 25 luglio), c'è ancora chi minaccia di chiudere per non chiudere, perché i contagi salgono.

Perché il vaccino non è obbligatorio?

Nel dibattito pubblico e in seguito alle parole di Draghi, per i non vaccinati (con questo vaccino) non esistono altre possibilità se non la certezza di morire o di far morire gli altri: o il vaccino quindi la vita; o il non vaccino quindi la morte.

Con queste parole mi aspetterei un provvedimento di obbligo al vaccino anti COVID, così come sono diventate obbligatorie altre misure salvavita: le cinture di sicurezza, il casco per le motociclette, il sensore antiabbandono per non dimenticare il bambino chiuso in auto sotto il sole ecc.

Invece, il vaccino anti COVID, senza il quale si muore, non è obbligatorio ma è una scelta, un atto altruistico e di civiltà.

Una libera scelta?

Scegliere vuol dire operare una separazione tra ciò che è meglio da ciò che non lo è. Scegliere è anche un atto libero, altrimenti diventa una costrizione.

In seguito all'annuncio del green pass si sono moltiplicate le prenotazioni per il vaccino. C'è un rapporto di causa effetto: l'annuncio del green pass e di limitazioni per chi non è vaccinato ha portato molte persone a vaccinarsi. Non lo fanno per scelta, per altruismo o per amore verso gli altri. Lo faranno a causa del green pass e per liberarsi da ulteriori restrizioni.

Attenzione, però, a non confondere il convincimento con il consenso.

Dettagli: 25/07/2021 · 632 view

About me

Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.