Le parole sono di tutti e le opinioni si condividono

Cerca per parola:  

Sei qui: Home > Il green pass come discriminazione politica

Il green pass come discriminazione politica

574 (20K)

Il green pass farà davvero la differenza tra essere un cittadino con pieni diritti e non esserlo? Il vaccino esibito con un selfie è pornografia ed autoesaltazione.

Supponiamo per assurdo

Supponiamo che la corsa al green pass si trasformi in una chiamata al consenso. Allora, il totale di green pass richiesti e rilasciati sarebbe interpretato come un appoggio incondizionato a un ideale sociale e politico; il consenso sarebbe, poi, trasferito alla forza politica che ne reclama la paternità. Cioè, se la Maggioranza propone il green pass e tutti i cittadini si affrettano con entusiasmo a richiederne uno, vuol dire che quella Maggioranza gode del consenso popolare.

Se una Maggioranza gode di un gran consenso popolare allora gode della fiducia dei suoi cittadini; se c'è fiducia, a che cosa servono nuove elezioni?

Obbligo e responsabilità

Obbligare al vaccino implica il peso di una responsabilità sugli eventuali eventi avversi, seppur nella misura di un caso su un milione. Il green pass, invece, aggira la presa di responsabilità da parte del politico, perché non prescrive l'obbligo di fare il vaccino, anche contro la volontà; lo scopo è limitare le normali libertà a chi rifiuta la decisione politica del green pass. In questo, il green pass diventa una discriminazione politica.

Se lo scopo è salvare il mondo con il vaccino, perché non decidere direttamente di renderlo obbligatorio per tutti? È semplice, perché obbligare tutti a vaccinarsi comporta una grossa responsabilità politica e, probabilmente, non ci sono certezze assolute sull'efficacia del vaccino e sul fatto che questi vaccini possano salvare il mondo.

Il green pass, invece, scarica tutta la responsabilità sul cittadino: se vuoi continuare a lavorare, ad avere una vita sociale, ad essere libero come prima, allora devi fare il vaccino. Con il vaccino avrai il green pass. Se acconsenti, allora dai forza alla scelta politica di limitare le libertà a chi si oppone al green pass e appoggi, di fatto, chi ha legiferato sul green pass.

Il battesimo

Torniamo indietro con la memoria a quel 27 dicembre 2020, quando la TV mostrava le immagini del furgoncino con le prime dosi del vaccino, scortato dai Carabinieri. La prima iniezione era la celebrazione di un battesimo, a favore di telecamera. Il vaccino era in quei giorni la fonte di una nuova vita, in un primo momento limitata a un numero ristretto di persone.

In seguito, vaccinarsi è diventato un atto di fede e per nulla privato. Vaccinarsi è un atto di fede verso la scienza, come se la scienza avesse bisogno della fede. Pubblicare il selfie nell'atto di essere vaccinati è pornografia quando c'è il godimento nell'esibire una cosa normalmente riservata e intima. Non è una pornografia per trasgredire o impressionare gli altri, come per esempio il maniaco che apre l'impermeabile; è una forma di autoesaltazione: con il vaccino, si assolve il proprio dovere di diventare ciò che gli altri sono già.

La società del controllo

Cito un passaggio da "La società della trasparenza" di Byung-Chul Han (2014).

L'esposizione alla vista pornografica e il controllo panottico trapassano l'una nell'altro. L'esibizionismo e il voyerismo alimentano la Rete come un panottico digitale. La società del controllo si realizza là dove il suo soggetto si denuda non in conseguenza di una costrizione esterna, ma di un bisogno auto-prodotto, quindi dove l'angoscia di dover abbandonare la propria sfera privata e intima cede al bisogno di esporsi alla vista senza pudore.

La metafora del panottico richiama il progetto del carcere ideale secondo Jeremy Bentham (siamo sul finire del Settecento). Nel progetto di Bentham, il carcere ideale è quello dove chi sorveglia ha una visione completa su tutto e tutti, senza essere visto da chi viene sorvegliato. I sorvegliati, però, sanno in ogni momento di non potersi sottrarre alla vista dei sorveglianti.

Anche attraverso i social network tutti controllano tutti e tutti si espongono all'altro per mostrare di non aver nulla da nascondere, di essere diventati ciò che gli altri già sono. Chi non si espone è visto con sospetto: per esempio, io non uso WhatsApp e quindi sono automaticamente escluso da certe dinamiche; non condivido i meme che piacciano a tutti, quindi non ricevo molte interazioni su Facebook; sempre su Facebook, non cambio la mia foto profilo da 10 anni.

Il controllo e la sorveglianza annullano ogni libertà. Per esempio, non parli liberamente quando sai di essere controllato. Una società in cui ci si esibisce in modo pornografico con il selfie del vaccino non è una società libera; neanche il vaccinato, forse, si è lasciato convincere del tutto liberamente, proprio perché controllato (e poi giudicato con i like).

In conclusione

Il green pass è una decisione politica. Avere il green pass significherà appoggiare la decisione politica; non averlo sarà una dimostrazione di contrarietà e, quindi, motivo per essere discriminati.

Non vaccinarsi e non richiedere il green pass sarà, allora, un motivo per essere esclusi a causa di convinzioni politiche, se non anche personali. Ciò è preoccupante, perché senza il green pass si sarebbe esclusi dalla vita sociale, dai grandi eventi, forse anche dal lavoro, in altre parole dalla cittadinanza.

La politica non rende obbligatorio il vaccino per non assumersi la responsabilità di eventuali eventi avversi dati dal vaccino e spinge i cittadini verso il vaccino scaricando loro tutte le responsabilità.

Vaccinarsi diventa un atto di fede: di fede nella scienza. Allo stesso tempo, esibire il vaccino è pornografia ed autoesaltazione perché è un dovere diventare ciò che gli altri già sono, in una società dove tutti controllano tutti.

Il dibattito sul green pass e sul vaccino coinvolge tutti e nessuno può esonerarsi dall'esprimersi. In questo c'è un controllo totale, di tutti su tutti. Il controllo, però, esclude la libertà.

Dettagli: 17/07/2021 · 538 view

About me

Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.