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Whatsapp. Se non risponde, fattene una ragione

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Se non rispondo ai tuoi messaggi, non sono io a dovermi inventare scuse, ma sei tu a dover giustificare la tua richiesta del mio tempo e della mia attenzione.

Attenzione

Parlare da soli non è bello. Parlare a se stessi può essere utile ed è un'altra cosa rispetto a parlare da soli. Parlare è un'azione rivolta all'altro: è una cosa che si fa in due, o in più di due.

Quando uno parla, l'altro ascolta; quindi, l'altro parla e il primo ascolta. Rivolgere parole all'altro e accogliere le parole dell'altro tengono impegnate due persone per il tempo sufficiente ad appagare il desiderio di condivisione di un momento: questo tempo può non avere la stessa durata attesa per entrambi perché parlarsi richiede soprattutto disponibilità di tempo, che non ha lo stesso valore per chiunque.

Per chi è di fretta parlare due minuti può essere un gran sacrificio, mentre per chi è annoiato quei due minuti sono praticamente niente.

Parlarsi richiede l'attenzione dell'altro. Parlarsi coinvolge la persona nella sua totalità, siccome per parlare abbiamo una sola bocca e una sola coppia di orecchie; inoltre, il cervello può concentrarsi su una sola cosa per volta.

Il bambino ha, per esempio, una propensione naturale a raccontare di se e di cose che ha visto fare o che ha sentito dire dai grandi, creando anche qualche occasione di imbarazzo. Così, il bambino riceve l'attenzione che cerca.

Parlare è, e deve essere, un atto consensuale di espressione della propria interiorità e di indagine sull'interiorità altrui. Perché ciò sia possibile, il coinvolgimento di chi parla deve essere totale.

Parlare in tempo reale o in differita

La parola parlata esiste nell'immediato, nel momento in cui dalla bocca i suoni smuovono l'aria e vengono ricevuti dall'orecchio del vicino che ascolta (se ascolta). Avviene in tempo reale, in un intervallo di tempo in cui l'uno è per l'altro e viceversa. In questo tipo di conversazione, la quantità di parole è proporzionale al tempo che i due sono disposti a dedicare alla conversazione: la chiacchierata a cena, una telefonata, ingannare l'attesa in coda all'ufficio postale, la richiesta di informazioni allo sportello, l'ordinazione al bar ecc. avvengono alla presenza dei presenti nel tempo che loro possono dedicarvi.

Al contrario, indirizzare all'altro un messaggio scritto non richiede la compartecipazione contemporanea e chi riceve il messaggio scritto non ha modo di allungare o accorciare la durata dello scambio di parole, come potrebbe fare se si trovasse a tu per tu con l'altro.

Inviare un messaggio scritto all'altro è un atto più o meno di forza con il quale si vuole disporre del tempo dell'altro.

La comunicazione scritta sta vivendo una nuova era, grazie alla tecnologia di Internet e dei servizi di messaggistica istantanea che sono in gran parte a costo zero, cioè gratis. Inviare una lettera, invece, ha un costo maggiore (la carta, il francobollo, il tempo per andare in Posta ecc.) e non è istantanea. La lettera nella busta e con il francobollo è riservata alle questioni importanti e quando sono molto importanti si ricorre alla lettera raccomandata, con un costo maggiorato rispetto a quello di una lettera normale.

Se è gratis, ciò che dici è più di ciò che hai da dire

Non è raro sentire lamentele per le troppe e-mail o per le troppe notifiche di Whatsapp, ad ogni ora del giorno e della notte. Dare il tuo numero di telefono e usare un servizio di messaggistica, come Whatsapp, ti fa diventare continuamente presente e accessibile all'altro, che potrà disporre del tuo tempo e della tua attenzione secondo le sue necessità, anche quando non è realmente necessario.

Nell'unità di tempo vengono scambiati più messaggi scritti di quelli che è umanamente possibile leggere, capire e ricambiare. In questo modo, la comunicazione scritta avviene a discapito della comunicazione frontale, che coinvolge tutta la persona e che - quindi - è più intima e più appagante.

Infatti, la comunicazione scritta e affidata a un'applicazione elettronica non à capace di coinvolgere le persone come la conversazione frontale, perché va persa una complessità di aspetti che il cervello è capace di cogliere, anche se non ne siamo consapevoli, avendo l'interlocutore davanti.

Ciò che hai da dire supera un valore soglia?

Io propongo di porsi sempre una domanda prima di inviare un messaggio: ciò che sto scrivendo e inviando all'altro ha abbastanza valore da meritare il tempo e l'attenzione dell'altro, anche se a me non costa un centesimo?

Come teorizzato da Mc. Luhan, il mezzo di comunicazione utilizzato è già esso stesso il messaggio che si vuole trasmettere, cioè il medium è il messaggio, questo perché la scelta del mezzo (medium) è a monte della trasmissione del messaggio e, quindi, comporta una selezione di cosa e di come si vuole comunicare con l'altro.

Siccome i servizi di messaggistica sono gratis, solo per questo rende gratuito e privo di valore ogni parola comunicata. Se quel messaggio costasse, per esempio, come un SMS, lo inviereste comunque? Se per dirlo dovessi telefonare e pagare, lo diresti comunque?

Immagino che nella maggioranza dei casi la risposta sia negativa. Quindi, è ragionevole porre una valore soglia, superato il quale ciò che hai da dire vale almeno il tempo e l'attenzione di chi deve leggere e capire il tuo messaggio per poi, magari, risponderti.

Se visualizza e non risponde, fattene una ragione

Domandare è lecito; rispondere è cortesia.

Io non uso Whatsapp, ma sento spesso quelli che lo usano lamentarsi dei messaggi visualizzati dall'altro che, però, non risponde. L'altro che non risponde ha l'onere di inventare scuse credibili per giustificare la non risposta. Tutto ciò è, per me, assurdo!

Per me è più giusto che chi mi scrive abbia l'onere di dover giustificare la propria richiesta di attenzione e di tempo nei miei confronti.

Dettagli: 17/11/2017 · 1302 view

About me

Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.