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Pestato a morte in discoteca e tutti a fare il video. Una brutta storia che è il sintomo di un'epidemia sociale

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Non credo sia solo colpa dei mi piace su Facebook.

La notizia del ragazzo italiano picchiato e ucciso in una discoteca da tre balordi ceceni in Spagna fa discutere non tanto per il fatto in se, quanto per l'assenza di qualsiasi reazione o coinvolgimento da parte dei tanti ragazzi che guardavano la scena e la riprendevano con i telefonini.

Con il telefonino diventiamo bionici

Non credo sia indifferenza. Quei ragazzi si sono fermati a riprendere la scena col telefonino invece di intervenire peché il telefonino è diventato parte di loro. Tutti hanno un telefonino con la fotocamera, in grado di fare foto, video e molto altro. La fotocamera del telefonino sostituisce i loro occhi e la memoria elettronica prende il posto dei ricordi personali.

Il telefonino non sostituisce solo gli occhi. Dagli stafalcioni nei quiz in TV, è evidente come si utilizzi sempre meno la memoria, proprio a causa dell'enorme comodità data dal telefonino: quando è stata scoperta l'America? Cerca con Google. Come si coniuga il verbo amare? Cerca con Google. Com'è la tabellina del nove? Ci pensa Google o l'app. Il telefonino, come strumento da tenere in tasca per accedere all'enorme database di Internet,ci solleva dall'impegno di memorizzare le conoscenze minime che insegnano a scuola.

Tutti i ragazzi hanno gli occhi, il naso, la bocca e le orecchie; in più, hanno un telefonino che è capace di vedere, ricordare, sapere e calcolare molto meglio di un essere umano. Abituati a vedere solo con gli occhi del telefonino, i ragazzi si fermano e riprendono la scena con i loro occhi bionici.

Molti altri casi di cronaca e molti video caricati su Youtube dimostrano come i ragazzi usino la fotocamera del telefonino al posto degli occhi, senza intervenire. Caricare e condividere quei video sui social network è il modo per raccontare di se e per sentirsi parte del gruppo, così come i bambini sono soliti raccontare che cosa hanno visto e sentito, spesso mettendo a disagio gli adulti spifferando cose imbarazzanti.

La legge del branco

Per come è diventata la società oggi, è normale che i ragazzi passino molto tempo solo tra pari, cioè tra altri ragazzi con più o meno gli stessi anni. Oltre al tempo trascorso insieme nella vita reale, molto più tempo è dedicato a frequentare altri pari sui social network.

Nel caso di cronaca, quella discoteca conteneva migliaia di ragazzi, alcuni dei quali in vacanza da soli e lontani dal controllo degli adulti. La sicurezza era affidata a pochi uomini e si dice non siano neanche intervenuti.

Nei gruppi di soli pari tende a stabilirsi la gerarchia del branco e nel branco comanda il più forte.

Ad esempio, nella caserme gli atti di nonnismo possono essere spiegati secondo la logica del branco. In un gruppo di pari - i commilitoni - quando i più alti in grado non controllano è il più forte a combinare guiai ai danni dell'ultimo arrivato.

A molti ragazzi manca la costante guida e sorveglianza dell'adulto fin da quando sono poco più che bambini. L'adulto ha il compito di educarli e di mostrare loro la distinzione tra giusto e sbagliato, tra il bene e il male, tra il legale e l'illegale, e che a volte il più forte non rappresenta la parte del giusto.

Il social network come coscienza collettiva

Il telefonino non sostituisce solo gli occhi e la memoria, ma anche la coscienza. Infatti, stando sempre connessi ai social network, i ragazzi - e non solo i ragazzi - hanno accesso al database di opinioni, pensieri, foto, parole, reazioni che da anni riversiamo volontariamente in Rete. I social network gestiscono la nostra vita sociale e le applicazoni di messaggistica istantanea ci fanno sempre destinatari continuamente reperibili di ogni tipo di stimolo.

Impressi e visualizzati tutti insieme, i dati contenuti nei database dei social network compongono una sorta di coscienza collettiva. Però, la coscienza collettiva dei social network non è capace di distinguere il bene dal male, a causa dell'algoritmo che li fa funzionare e che considera solo il consenso sui contenuti.

Ce ne accorgiamo quando ci lamentiamo della facilità di diffusione delle fake news. Le bufale sui social network si diffondono a causa della fretta, dell'abuso della credulità, dell'ignoranza e del consenso, cioè dei like e delle condivisioni che fanno i contenuti virali. Il social network non sa distinguere il vero dal falso, ma può misurare il consenso contando like e condivisioni.

La coscienza collettiva dei social network, inoltre, non è moderata ed equilibrata e ce ne accorgiamo quando le nostre segnalazioni a contenuti offensivi non producono alcun effetto. Anche insulti, offese, messaggi di odio e immagini oscene possono creare consenso, spesso senza filtri o censure.

Anche i meme sono dannosi

Su Facebook, ad esempio, ci sono pagine con molto seguito che pubblicano in continuazione meme, cioè quelle immagini con sopra una scritta. I meme sono goliardici, ironici, cattivi, dissacranti, giocosi ma - a lungo andare - aiutano a diffondere un brutto modo di pensare e di agire.

I più popolari riguardano visioni distorte sul sesso, frasi denigratorie sulle donne, elogio della violenza, superamento della moralità e della legalità, la gioia dell'abuso di alcol e di droga. Con il loro riproporsi in modo martellante e continuo finiscono per condizionare i comportamenti reali, proprio perché alla coscienza collettiva dei social network basata sul consenso non si contrappone il ruolo educativo dell'adulto che richiama al rispetto del basilare buon senso. Purtroppo, molti adulti (gente con 30 anni suonati ma li chiamiano ancora ragazzi!) cadono nella trappola dei meme.

Non dobbiamo sottovalutare l'azione martellante e continua dei meme: è un modo di agire subdolo tipico della pubblicità. Anche i terroristi sono convinti ad aggregarsi alle organizzazioni criminali con la continua esposizione a messaggi di odio, video, discorsi, immagini a sostegno della loro causa.

Libertà e potenza

La straordinaria disponibilità di mezzi ci ha reso più liberi o più potenti? C'è - secono me - una differenza.

Si ha libertà quando non ci sono vincoli o impedimenti. Ad esempio, dopo la maggiore età siamo liberi di votare e di guidare; oppure, in Europa siamo più liberi di muoverci; con Internet siamo liberi di comprare ovunque scegliendo la migliore offerta.

La potenza, invece, è la propensione e l'effettiva capacità di fare qualcosa. La potenza è comprare una macchina sportiva anziché un'utilitaria; oppure, viaggiare in Europa più velocemente in aereo e a bassi prezzi; su Internet possiamo guardare un film scaricandolo da un sito invece di andare al cinema.

Sono solito pensare che i tatuaggi siano un'espressione più di potenza che non di libertà. Infatti, i tatuaggi sono di moda perché li hanno quasi tutti tra i giovani; ma la moda è capace di condizionare le scelte e quindi di obbligare a tatuarsi per essere alla moda. Non ci sono vincoli a impedire di tatuarsi. La liberà, invece, è non tatuarsi perché si sfugge all'obbligo della moda.

Molti ragazzi confondono la libertà con la potenza. Poter andare in vacanza da soli, spendere soldi in discoteca, riprendere video e postarli in Rete non può rendere liberi ma può far sentire potenti, perché si hanno a disposizione i mezzi per farlo. Chiunque è libero di andare in vacanza, andare in discoteca, fare video ecc. ma non tutti hanno i mezzi per poterlo fare.

Mancano coerenza e certezze

Le cattive abitudini della nostra società negli ultimi 20 anni sono l'assenza di coerenza e di certezze. Potrebbe essere un effetto della globalizzazione?

Non c'è coerenza, per esempio, quando un delinquente non sta in galera.

I social network non mostrano coerenza quando un contenuto segnalato come offensivo non viene rimosso, mentre invece un video protetto dal copyright è subito rimosso se non si dispone dei diritti. Per questo, ai social network non possiamo delegare la funzione educativa e il ruolo di coscienza collettiva.

Non ci sono più certezze per come è cambiata la società e per come è condotto il dibattito pubblico su temi come il lavoro, la salute, la sicurezza, la famiglia, gli affetti, i soldi, la pensione ecc. Lo Stato per primo dovrebbe assicurare le certezze fondamentali a ciascun individuo. Senza certezze che senso può avere impegnarsi in qualcosa se non sai come andrà a finire? Che senso ha studiare se poi non trovi un lavoro? Che senso ha lavorare se non sei certo di essere adeguatamente pagato? Che senso ha costruire una famiglia se la famiglia non è più famiglia?

Cancellate le certezze, rimangono solo le aspettative che si fanno sempre più impossibili da realizzare: diventare ricchi, essere belli, circondarsi di cose belle, avere ascolto, comandare ecc.

Anche i social network ci propongono aspettative che all'apparenza sono alla portata di tutti. Tutti potenzialmente possono avere tanti contatti, parlare con chiunque, esibire le cose belle; invece, non è così ed è frustrante.

Bibliografia

  • M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Garzanti, Milano, 1977;
  • G. Lovink, Ossessioni collettive, Egea Editore, Milano, 2016;
  • P. Angela, Premi e punizioni, Mondadori Editore, Milano, 2002.
Dettagli: 15/08/2017 · 896 view

About me

Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.