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Le notizie false si diffondono grazie ai servi del consenso

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C'è un sovraccarico di informazioni e non sappiamo distinguere tra notizie vere e popolari. Chi ha maggior seguito ha maggiori responsabilità nella diffusione di bufale.

Differenze tra vero, finto e falso

Quando una persona ti racconta qualcosa che riguarda un tuo amico, dovresti essere in grado di capire se ti sta dicendo una cosa vera o una cosa falsa. Quanto conosci bene quel tuo amico? Te lo immagini coinvolto in quel fatto che ti stanno raccontando? Credere a una notizia falsa su un tuo amico può rovinare l'amicizia.

Io distinguo tre categorie di notizie:

  • notizie vere, che corrispondono a verità e possono essere verificate;
  • notizie finte, che sono totalmente inventate e non trovano alcun riscontro;
  • notizie false, che trovano un parziale riscontro nei fatti ma che sono erroneamente riportati e interpretati.

Per sapere distinguere tra notizie vere, finte e false occorrono esperienza, competenza e coinvolgimento.

Il problema su internet

Anche nei giorni scorsi è emerso il problema di come la diffusione di notizie non vere possa condizionare il voto, indirizzare consensi, far scoppiare scandali, condannare o assolvere a seconda dei casi. Ricordo il caso della matita cancellabile di Piero Pelù al referendum e dell' intervento della Russia nel voto americano, di cui parla il Washington Post.

I due esempi ricordati sono molti diversi ma in entrambi i casi le notizie erano indirizzate al pubblico più vasto possibile e, in quel momento, estremamente coinvolto nei fatti. La matita non indelebile ha messo in ansia gli italiani proprio nel giorno del voto e le rivelazioni del Washington Post sul presunto condizionamento da parte dei russi a favore dell'elezione di Trump stanno mettendo in dubbio la fiducia degli americani nella democrazia.

L'informazione sovrana

In Italia è il popolo ad essere sovrano e la sovranità è esercitata nei modi definiti dalla legge. In un regime democratico le scelte sono fatte dalla maggioranza e, quindi, la maggioranza ha per forza sempre ragione. La maggioranza sceglie il proprio destino ma non tra tutti i destini possibili: col voto al referendum - per esempio - la scelta è fra un e un no ma non sono previste domande a risposta aperta.

A chi si occupa di informazione spetta il compito di narrare i fatti, anche con una nota personale. Il potere di coinvolgimento e di convincimento di Internet, giornali e TV indirizza l'interesse degli italiani che parleranno di ciò di cui si parla e non si pronunceranno su ciò di cui non si parla.

Il potere a chi ha più seguito

Se scrivo io una notizia vera pubblicamente su Twitter, magari anche documentata da una foto, riesco ad essere letto da circa 30 o 40 persone (circa il 10% dei miei follower). Invece, se a pubblicare qualcosa è Piero Pelù, che ha 430mila follower su Twitter, il suo messaggio comincia a correre e a moltiplicarsi, anche se totalmente inutile.

Come scrivevo qui, chi ha tanti follower ha più probabilità di far diffondere il proprio messaggio in Rete. Questo perché un account molto seguito riesce a coinvolgere un numero di persone maggiore del numero medio dei follower di chi lo segue (rimando a questo mio scritto per i dettagli).

Popolarità non è verità

Per come funzionano i motori di ricerca, le notizie e le informazioni in Rete sono ordinate secondo il grado di popolarità e non secondo verità.

La popolarità di una notizia può essere misurata, ad esempio dal numero di condivisioni e di visualizzazioni, mentre la verità non può essere misurata da un computer. Per valutare la verità serve l'intervento informato e imparziale dell'uomo. Però, le informazioni sono davvero troppe per poter essere controllate tutte.

Non essere secondi a nessuno è più importante di essere primi

La continua presenza in Rete degli utenti sempre connessi comporta un sovraccarico di informazioni: quanti tweet scorrono ogni giorno su Twitter e di quante cose i nostri amici vogliono renderci partecipi su Facebook? Sono tanti, troppi dati.

Nessuno riesce a tenere il passo e diventa difficile verificare le fonti, controllare, spulciare su Google ecc. Conta di più il coinvolgimento e la fiducia verso la persona che scrive.

Ora che non esiste più l'anonimato in Rete, tutti partecipano con la faccia, il nome e il cognome. Il proprio profilo deve, quindi, essere curato, seguito e coltivato tanto quanto diventa uno strumento di autopromozione.

Nella piazza virtuale è pressante il continuo confronto con gli altri e la competizione - anche se non lo ammettiamo - ci porta via molte energie e molto tempo. È una sfida tutti contro tutti ma, allo stesso tempo, c'è la ricerca del maggior consenso possibile da parte del gruppo.

L'utente in Rete, che prima dei social network era informato e altamente motivato, ora è per lo più ignorante e servo del consenso.

Il bisogno mentale in Rete è l'ottenimento del consenso e la certificazione dell'appartenenza a un gruppo. Con queste condizioni, la strada del successo passa per la replica di gesti già fatti da altri, col desiderio ossessivo di essere replicati e diventare virali.

Nell'improbabilità di essere noi stessi virali, perché non abbiamo abbastanza seguito, la cosa più importante non è essere il primo a fare qualcosa bensì non essere secondi a nessun altro, imitando chi primo già lo è.

Tutti replicano il movimento della dab dance, tutti fanno la mannequin challenge, tutti usano tipo come intercalare e tutti almeno una volta hanno postato la gif con no, Maria, io esco.

Più presenza reale e meno credulità virtuale

Personalmente lascio ai social network un ruolo marginale in materia di partecipazione politica o come semplice fonte di informazione. Ricordo a tutti che il motto di Facebook è quello di rimanere in contatto con gli amici e non di usarlo al posto del telegiornale.

Usate Facebook per condividere esperienze da amico e smettetela con i proclami e i comizi. Non rivolgetevi agli amici di Facebook come faceva Totò con i suoi condomini nel film Gli onorevoli, nella celebre scena del Vota Antonio, vota Antonio!.

Dettagli: 11/12/2016 · 1092 view

About me

Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.