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Higuain e il fanatismo religioso del calcio

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C'è del fanatismo religioso nei lunghi servizi dei tg da Napoli su Higuain che cambia squadra. Per i napoletani è un tradimento.

Il caso Higuain

Higuain è un giocatore di calcio e fino a qualche giorno fa giocava per la squadra del Napoli, ma in questi giorni la Rete e la tv danno la notizia del cambio di maglia del giocatore, appena acquistatao dalla Juventus.

Per chi non segue il calcio, come me, la notizia è del tutto marginale e il suo posto nella scaletta dei tg sarebbe in fondo, negli ultimi minuti appena prima delle previsioni del meteo. Invece, il nome del giocatore è stato lungamente tra le tendenze di Twitter e tutti i principali tg nazionali hanno dedicato lunghi servizi con interviste ai napoletani sul passaggio di squadra di Higuain.

Si parla di tradimento: Higuain peggio di Giuda. I napoletani non l'hanno presa bene e la faccia del giocatore è finita addirittura su un camion dei rifiuti.

Fanatismo religioso nel calcio

I cattolici non riempiono le chiese tanto quanto il calcio riempie gli stadi e anima i tifosi.

Quando il calcio diventa una religione, la fede è per la propria squadra del cuore e tutto ciò che la riguarda condiziona il modo di vivere del tifoso. I fedeli tifosi della stessa squadra praticano gli atti di culto per rafforzare il vincolo collettivo che li unisce gli uni agli altri e li separa dai tifosi delle altre squadre.

Quando due tifoserie si incontrano possono capitare degli scontri, come quelli a Marsiglia di qualche giorno fa (vedi foto dall'articolo del link),

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Dimensione individuale e collettiva nelle religione del calcio

Quando la fede per la squadra del cuore diventa ragione di vita, si riconoscono una dimensione individuale nella fede di ciascuno e una dimensione collettiva, perché nell'unità dei tifosi si rafforza e cresce la fede e la potenza della propria squadra sulle altre.

Il riflesso della manifestazione collettiva della fede accresce la fede individuale e rafforza i legami del gruppo: indossare la stessa maglia, parlare lo stesso linguaggio, parlarne lungamente al bar con gli sconosciuti sentendoli fratelli ecc.

La vittoria in campo e il diritto di accoppiarsi

Secondo alcune teorie, i riti religiosi collettivi servono a mantenere stati mentali fondamentali per la vita, perché nelle celebrazioni e nell'osservanza collettiva della religione la società prende coscienza di sé e l'individuo trova il suo posto nel gruppo.

Quando la propria squadra vince, la tifoseria ne esce rafforzata sia come gruppo che come individuo. Vincere in campo è, quindi, fondamentale per la vita e la cosa fondamentale nella vita e nel gruppo è la manifestazione di superiorità e di controllo sul territorio.

Quando una squadra vince, i tifosi riempiono le piazze vestendo i colori della squadra. In questo modo, manifestano la superiorità del gruppo e prendono possesso del territorio, bloccando anche le strade.

Se paragoniamo i tifosi agli animali che lottano per il controllo del territorio e delle femmine del branco, le manifestazione di potenza con le scorribande in strada sono volte a rivendicare il diritto di accoppiarsi.

Se la squadra perde in campo, le tifoserie perdono il diritto ad accoppiarsi

Come conseguenza, quando la propria squadra perde, i tifosi sono costretti a sopportare le manifestazioni di vittoria dell'altra squadra. Così, tra i tifosi sconfitti monta la rabbia per non poter essere loro a riversarsi in strada e prendere il controllo della città.

La sconfitta è come perdere il diritto ad accoppiarsi.

Il fanatismo

Mentre si discute tanto sul fanatismo religioso che semina morte e terrore, nessuno guarda al fanatismo della religione del calcio. Quando i tg nazionali dedicano lunghi servizi sulla rabbia dei tifosi verso un giocatore che cambia squadra, allora siamo davanti a una forma di fanatismo religioso, dove la religione non è quella delle chiese o delle moschee ma è quella degli stadi e dei bar dello sport.

Anche in Italia ci sono fanatismi religiosi e sono pericolosi tanto quanto gli altri. Parliamone.

Dettagli: 24/07/2016 · 1223 view

About me

Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.