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Lo scienziato con la camicia sessista, lo scienziato turco del Piccolo Principe e i miei prof dell'università

In un articolo del Corriere si racconta della polemica sulla camicia dello scienziato: atto sessista o commentatori troppo seriosi? Io ho una terza opzione.
L'uomo nella foto, tatuato e con barba hipster di moda, è Matt Taylor ed è lo scienziato a capo del progetto Rosetta per l'Agenzia spaziale europea. Di Rosetta parlavano tutti negli ultimi giorni perché dopo dieci anni è stato raggiunto un importante obiettivo della spedizione.
L'articolo si dilunga sulla polemica per la camicia indossata dallo scienziato, che qualcuno ha accusato di essere sessista a causa delle donnine stampate mentre per altri era meglio farci una risata sopra e parlare di altro. La camicia bianca è da qualche tempo la divisa dei democratici, quella azzurra dei ferrovieri, quella a fiori dei turisti quindi, allo scienziato non rimaneva molta scelta.
A chi dice che la camicia con le stampe delle donne nude sia sessista e, forse, gioiosamente poco gay friendly, rispondono i preparatissimi nazi-fashionist: quella camicia non è sessista ma è stata addirittura disegnata da una donna, una di quelle modelle-tatuatrici rockabilly che si possono vedere nei talent show americani, non una di quelle skinny bitches.
Io, invece, ripenso a quella pagina di Il Piccolo Principe, sull'astronomo turco che scopriva un asteroide e ne parlava al congresso di scienziati indossando il costume tipico dei turchi; riporto questo breve passaggio:
Questo asteroide è stato visto una sola volta al telescopio da un astronomo turco. Aveva fatto allora una grande dimostrazione della sua scoperta a un congresso internazionale di astronomia. Ma in costume come era, nessuno lo aveva preso sul serio. I grandi sono fatti così. [...] L'astronomo rifece la sua dimostrazione nel 1920, con un abito molto elegante. E questa volta tutto il mondo fu con lui.
Vi riporterei tutto il capitolo perché continua spiegando tante altre cose sulla stupidità della gente, ma siamo tutti capaci di riscrivere cosa hanno già detto gli altri e il libro potete leggervelo da soli, se vi va.
Quando ero studente all'università, i miei professori erano circondati da un alone di Nobel Prize e da un olezzo disgustoso: barba incolta, camicie sporche, sandali che neanche a Calcutta ecc. Quella volta in cui ci fu un allarme bomba, ero in aula L, la più grande con oltre 300 posti; c'erano due carabinieri ad avvisare tutti di lasciare l'edificio ma, entrando, chiedevano chi fosse il professore perché quel disgraziato che cancellava la lavagna con la manica della camicia di certo non poteva esserlo, però lo era.
Quando ero alla scuola media, a ciascuno di noi veniva consegnato un regolamento con 15 punti. Al punto 9 diceva: hai l'obbligo di osservare sempre e dovunque le regole dell'igiene, della pulizia, scegliendo anche un abbigliamento decoroso e adeguato all'ambiente.
In conclusione, tutto questo ci insegna che la camicia diventa importante quando la camicia è la prima cosa che si vede quando hai qualcosa da dire. Siccome la camicia sei tu stesso a scegliertela, sei tu che decidi cosa vuoi mostrare agli altri di te.
About me
Antonio Picco, blog on-line dal 2003.
Osservatore intransigente della società, critico dell'evoluzione digitale e del suo impatto sulle nostre vite.
Nel mio blog condivido riflessioni inedite sull'evoluzione del digitale e il suo impatto sulla società, con l'obiettivo di scardinare i diktat del pensiero stampato.
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