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Twitter pessimo conduttore di buona educazione. Ispirato alla vicenda Scialpi vs Twitstar

Vi ricordate com'era Twitter agli inizi? Intendo quattro o cinque anni fa.
Non c'erano i retwit, le notifiche e i thread delle conversazioni; andando più indietro nel tempo, non c'erano neanche i trending topic. Poi, Twitter è cambiato ed è arrivata anche la versione in italiano; infine, buona parte del popolo italiano - di santi, poeti e navigatori - si è riversato sul social network e addirittura nei tg il popolo di Twitter viene citato al pari dell'Ansa o della Reuters.

Siccome tutto il mondo è paese e il paese mormora perché è piccolo, in questi giorni di quasi vacanza il popolo di Twitter mi ha fatto rimpiangere i bei vecchi tempi di quando ci divertivamo meglio, anche con meno.

L'antefatto

L'opinione pubblica era scossa per la notizia del suicidio del 14enne di Roma, forse a causa di un diffuso atteggiamento omofobico, preferisco dire prevaricatore senza usare i neologismi della tv, di compagni di scuola, amici ecc. Il popolo di Twitter, quindi, si spendeva in messaggi di sfrenata enfasi a favore della tolleranza e invocava al più presto una legge contro l'omofobia.

Il fatto

scialpi-querela

Mentre con una mano ci si batteva a favore della libera sessualità, perché sono tutti froci col culo degli altri, con l'altra si continuava a confezionare tweet ironici, comici, pietosi, patetici, con sfottò a destra e a sinistra perché di retwit non ci si sazia mai; finché l'autorevole account di Vendommerda, che ogni giorno fa sentire com'è di sale il brodo di Twitter a circa 70 mila follower, ha retwittato la lite tra Scialpi e la blogger Tallaaa che in un tweet poi rimosso faceva della sconcia ironia sul cantante e sulle sue preferenze sessuali. Il cantante non l'ha presa bene e ha twittato la sua intenzione di querelare la blogger, i cui tweet sono seguiti da più di 9000 follower (molti di più di quelli di Scialpi). Alla minaccia della querela, la blogger (gli sconosciuti con tanti follower li chiamano twitstar) si difendeva scherzando sull'equivoco del gatto di nome Scialpi.

Il nocciolo della questione

Se ci fosse una legge sull'omofobia, una severa come quella invocata dal popolo di Twitter, la blogger Tallaaa rischierebbe gravi sanzioni; però, l'omofobia sussisterebbe come aggravante se chi ne viene colpito avesse in precedenza manifestato apertamente il proprio orientamento omosessuale: come può esserci omofobia verso chi non si è mai dichiarato omosessuale o verso chi ha sempre negato di esserlo? Il reato si configurerebbe solo se fosse provata la discriminazione, vessazione, violenza fisica o verbale, verso un omosessuale; quindi, l'orientamento sessuale - che non è così evidente come il colore della pelle nei casi di razzismo - diventerebbe, da fatto privato, a fatto pubblico di cui discutere in tribunale.

Inoltre, perché un reato nei confronti di un omosessuale (o nei confronti di una qualsiasi altra categoria di persone che un giorno la legge volesse proteggere) sarebbe punito con una pena superiore rispetto a un reato contro un eterosessuale? Siamo o non siamo tutti uguali davanti alla Legge? Sono sicuro che le leggi che già ci sono bastino a difendere il cittadino dai prevaricatori e dai violenti, senza il bisogno di inventarsi leggi e categorie di reati acchiappa-consensi. Lo sappiamo, l'opinione pubblica è mutevole e variegata: ci si fa la guerra su Twitter per un retwit, figuriamoci in Parlamento per i voti.

Ritornando a Twitter

Rimpiango i tempi in cui non c'erano i retwit: non c'era neanche la fame di retwit e non si leggevano le battute facili per il retwit facile.

Abbiamo visto che i social network sono pessimi conduttori di buona educazione ma quella non dipende dal mezzo ma dal famoso popolo di Twitter, che siamo noi tutti.

Dettagli: 13/08/2013 · 2482 view

About me

Antonio Picco, blog on-line dal 2003.

Osservatore intransigente della società, critico dell'evoluzione digitale e del suo impatto sulle nostre vite.
Nel mio blog condivido riflessioni inedite sull'evoluzione del digitale e il suo impatto sulla società, con l'obiettivo di scardinare i diktat del pensiero stampato.
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