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Gianfranco riconosce il boss in incognito ma quello sleale è lui e non il boss, che si indigna

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Copertura saltata per il boss Paolo Penati nella terza puntata di Boss in Incognito, andata in onda il 10/02/2014: Gianfranco riconosce subito in lui uno dei dirigenti, complice il lapsus freudiano del boss al quale, invece del falso nome Antonio, scappa il vero nome, Paolo. A fine puntata, nel momento della rivelazione del boss ai dipendenti conosciuti quando era in incognito - la parte in cui si piange - Gianfranco confessa al boss di averlo riconosciuto, nonstante la parrucca, la barba e gli abiti da poveraccio; in quegli abiti, ricordiamocelo, la stessa moglie del boss non lo riconosceva e, anzi, vestito da poveraccio forse non lo avrebbe neanche sposato (ah, l'amore!).

Mi lascia di stucco - o era un barbatrucco? - la reazione indignata del boss: è stata una mancanza di trasparenza da parte di Gianfranco e nell'azienda è importante la lealtà. Niente, il boss è su tutte le furie, si alza e se ne va, scusandosi. Gli autori avvisano il pubblico che il boss si è solo allontanato un attimo per calmarsi e decidere cosa fare (vedi foto tratta dal video della puntata).

Solo a me viene da dire da che pulpito? Il boss, per andare in televisione, si camuffa e si presenta ai suoi dipendenti sotto mentite spoglie (in incognito, appunto); li spia e alla fine li giudica, riservando premi e punizioni anche in base alla pietà di fronte ai casi umani; il boss, che per primo viene meno alla lealtà, accusa Gianfranco di mancare di trasparenza.

Noto anche in questa puntata che manca la parte in cui si vede il boss risolvere i problemi - le criticità, direbbero oggi - ma si vede solo e sempre il boss che elenca le cose su cui lavorare, rimandando in un tempo futuro ed eventuale il miglioramento delle condizoni di lavoro per ottimizzare i profitti, cioè la mission del programma.

Dettagli: 11/02/2014 · 3174 view

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Sono Antonio Picco. Ogni tanto pubblico qualcosa qui, non più tanto spesso, ma mai per caso. Lo faccio dal marzo del 2003.
Da allora, ho mantenuto lo stesso approccio al Web, nonostante gli effetti nocivi che la società ha riversato sulla Rete in modo entusiastico e incontrollato.
Scrivo soprattutto per commentare le dinamiche del Web e dei social network, i discorsi impegnati, gli spot pubblicitari e il desiderio obbligatorio di spettacolarizzazione dell'osceno che deve piacere anche a te, se già piace a tutti gli altri.